Fotografia e psiche : Sin dalla nascita della psicoanalisi si è sempre abbozzata un’interazione tra la fotografia e la psiche. Nonostante ciò non sono molti gli psicoanalisti che hanno approfondito realmente il concetto di fotografia correlato alla psicologia.
Fotografia e psiche
Uno dei pochi che in tempi moderni si è approcciato a studiare più a fondo le implicazioni psicologiche durante lo scatto di una fotografia è Carlo Riggi.
Secondo lo psicanalista Riggi, al momento dello scatto di una fotografia entrano in atto dei particolati meccanismi psichici dei quali però non ci si rende conto o non se ne ha una coscienza immediata.
Afferma Carlo Riggi che:
“La Fotografia ha bisogno di due tempi: quello della sensazione e quello della elaborazione…Quando una sensazione viene sperimentata viene subito sottoposta a un lavoro di stabilimento di relazioni che possono prender la forma di una percezione o di una immaginazione. Questo lavoro di elaborazione è sempre retrospettivo, richiede tempo di latenza…”
Quindi al momento della fotografia la psiche elabora una sensazione che si cerca d’intrappolare in un momento esatto attraverso appunto lo scatto della foto.
Nei libri “L’esuberanza dell’ombra riflessioni su fotografia e psicoanalisi” e in “Di-lemmi fotografici” Carlo Riggi, espone al meglio tutte le sue teorie tra l’interazione della psiche e l’atto della fotografia.
Fotografare qualcosa secondo lui è un modo per sottrarsi all’inganno della vista ad occhio nudo, attraverso le foto invece è possibile vedere oltre, la psiche riesce così a pensare meglio a capire meglio le emozioni, i sentimenti e la bellezza che c’è dietro un luogo, una persona, un panorama.
Scattare una foto in conclusione, permette di acquisire un pezzo della realtà e di conservarlo per sempre, trattandolo, a detta di Riggi, come un “preconscio ausiliario”. Grazie proprio all’elaborazione psichica della foto, è possibile notare dopo lo scatto dei dettagli e delle sensazioni che ad occhio nudo si rivelavano invisibili.